Foto pubblicata da Arthur Berdah su Le Figaro
Qualche riflessione a mente fredda sull’incendio che il 15 aprile scorso ha devastato Notre-Dame
La parola “prevenzione” è probabilmente una delle più ricorrenti sulle pagine di questo sito. Frasi come “ma qui non è mai successo nulla!” sono un ritornello consueto per chi lavora nel campo della conservazione preventiva e in particolare di quella branca applicata alla prevenzione dei rischi catastrofici, come incendi e inondazioni. Le misure preventive sono da molti interpretate come un limite al godimento del bene culturale da parte del pubblico.
Ho riflettuto a lungo sull’opportunità di commentare quanto avvenuto dieci giorni fa, proprio mentre ero a Parigi per lavoro. Se mi attardassi a descrivere la sensazione di impotenza, rabbia e delusione davanti alle immagini di quel tetto in fiamme, sprecherei probabilmente il mio tempo e soprattutto il vostro.
Sulle cronache dell’incendio e del post-incendio, sull’opportunità di ricostruire la guglia esattamente come quella distrutta o di lanciare un concorso di idee per farne una contemporanea, sulla proposta di trasformare il tetto di Notre-Dame in un rooftop in materiale ecologico, sulle polemiche in merito ai doni milionari che permetteranno ai magnati di avere sgravi fiscali e il loro nome inciso sui muri della cattedrale, sulla durata miracolosa dei lavori di restauro (solo cinque anni!), vi lascio approfondire e formulare opinioni da soli, dopo dieci giorni le pagine dedicate al tema non si contano più. (Sulla durata così accelerata dei restauri invece, mi permetto di dissentire esplicitamente e senza riserve, e non sono certamente la sola).
Mi pare invece interessante fare qualche osservazione in merito alla prevenzione (rieccola!) del rischio di incendi e al piano di evacuazione delle opere mobili, una delle tante missioni che i preventisti sono portati a svolgere nel corso della loro attività.
Se è vero che il rischio=zero non esiste, è però anche vero che esiste una serie ben precisa di regole e protocolli che possono aiutare ad evitare il peggio. Alcune di queste sono dettate dalla legge (la loro mancata applicazione costituisce dunque un reato da parte delle imprese responsabili della sicurezza o dell’operatore responsabile della sicurezza su un determinato cantiere). Altre sono regole di buon senso, di buona gestione, regole non “scritte” ma senz’altro utili per prevenire il rischio di incendio o limitarne la diffusione.
Ora, è assai probabile che a Notre-Dame alcune di queste regole non siano state rispettate, complici sicuramente l’ampiezza del cantiere (immenso) e la complessità dell’organizzazione: attenzione, non parlo di giustificazioni per quanto è accaduto, ma è importante sottolineare che per un cantiere di questa portata sono coinvolte centinaia di persone (non solo gli operai sui ponteggi e le maestranze che eseguono i lavori ma anche tecnici, elettricisti, verificatori di ponteggi, responsabili della sicurezza, responsabili degli impianti ecc.). La comunicazione tra tutti questi interlocutori non è sempre fluida, anzi.
Il cantiere
La storia recente ci ha dimostrato come molti degli incendi che colpiscono il patrimonio culturale, sono legati a cantieri di restauro, ristrutturazione, istallazione di impianti ecc. Al cantiere, di qualsiasi natura (anche un semplice cantiere di spolveratura) deve associarsi un livello di allerta maggiore rispetto a quello applicato quotidianamente. La presenza di strumenti alimentati elettricamente, di fonti di calore (le saldatrici per esempio), l’uso di solventi o prodotti infiammabili, la coabitazione di diversi operatori, determinano una situazione di rischio elevata per i lavoratori e per le opere. Un piano operativo di sicurezza (POS) è dunque obbligatorio nella fase preliminare di istallazione del cantiere: il piano deve coinvolgere tutte le maestranze che entreranno nell’area di cantiere, ogni operatore deve conoscerlo e prenderne atto prima di salire sul ponteggio o di cominciare il lavoro che è tenuto a svolgere. Nel piano sono dettagliate le misure di sicurezza da applicare ogni giorno per ogni fase del lavoro, i mezzi di protezione per il lavoratore (guanti, maschere, casco, ecc.), i percorsi per un’eventuale evacuazione del personale, il posizionamento degli allarmi ecc.
I lavori ad alto rischio
I lavori che prevedono l’uso di utensili o macchinari che producono calore sono da considerarsi ad alto rischio (saldatrici, piastre riscaldanti, trattamenti termici di superfici ecc.).
Oltre a costituire una fase a rischio durante la lavorazione, questi lavori sono pericolosi anche quando il cantiere chiude i battenti alla fine del turno giornaliero. Il calore in effetti può accumularsi in modo invisibile agli occhi dell’operatore: proprio a Notre-Dame una ronda effettuata dopo il primo allarme non aveva rilevato nessun segno evidente di inizio di incendio e nulla, a quanto sembra, lasciava presagire il seguito (fortunatamente però ciò non ha impedito che la chiesa fosse evacuata, particolare tanto rassicurante quanto contraddittorio). Anche se non obbligatorio, l’uso di una termo-camera (strumento in grado di rilevare la temperatura degli oggetti inquadrati in tempo reale) si rivela particolarmente utile in questi casi. Pare chiaro che questa accortezza non sia stata purtroppo applicata a Notre-Dame.
La fatalità
Si parla sempre più frequentemente di un corto circuito in corrispondenza del sistema di ascensori che servivano il cantiere della guglia come probabile causa dell’incendio. Lo ripetiamo, il rischio=zero non esiste ed è inutile affermare il contrario, ma è bene insistere sul fatto che l’ampiezza di quanto accaduto NON può ridursi a mera fatalità. Imprevedibile può certamente essere stato lo scoppio del sistema elettrico, la prima fiammata. Ma quando un incendio assume certe proporzioni, sono molte le cose che non hanno funzionato e alla fatalità si è associata l’imperizia, il non-rispetto delle regole, l’impreparazione e la leggerezza nell’applicazione di certe procedure: dal sistema di allarme (forse una cattiva codificazione dei sensori anti-incendio ha fatto sì che la persona incaricata della ronda non sia andata nel posto giusto a controllare), ai tempi di reazione una volta accertato l’inizio del fuoco, all’assenza (in corso di accertamento) di adeguati sistemi di estinzione in prossimità del cantiere.
Se è vero che a volte certi fenomeni non possono essere evitati, è anche vero che le misure per bloccare o limitare i danni devono a questo punto essere messe in primo piano.
L’evacuazione delle opere mobili, la protezione di quelle immobili
Il bilancio, malgrado la perdita della guglia e della “foresta” di legno di quercia che costituiva la struttura del tetto di Notre-Dame ormai ridotta in cenere, resta tuttavia non così tragico per l’interno : la volta in pietra ha ceduto “soltanto” in due punti (vedete qui le immagini riprese dal satellite) e le opere conservate all’interno della cattedrale non sono state toccate dal fuoco (dalla cenere sicuramente e dal forte calore, e, per la cronaca, non si tratta proprio di un gioco da ragazzi in termini di conservazione e trattamento). Grazie al lavoro di molti agenti, pompieri, funzionari del ministero dei beni culturali, le opere sono state evacuate, e anche i dipinti di grande formato (i famosi “Mays”) sono salvi – alcuni trasportati al Louvre nei giorni immediatamente successivi all’incendio. Questo è senza dubbio un punto importante della vicenda, perché in caso di catastrofe (incendio o inondazione per esempio) è fondamentale avere una risposta pronta, non solo al fine di evacuare le opere mobili ma anche di proteggere (con tessuti ignifughi) le opere di grande formato o i decori architettonici che non possono essere spostati.
Cosa fare?
Molto è stato scritto sui temi della conservazione in tempo di crisi, in caso di catastrofe o minaccia imminente, e non smetteremo mai di ripeterlo: la formazione del personale interno ai musei e alle istituzioni culturali è fondamentale per la buona riuscita delle operazioni di salvataggio del patrimonio.
Concludo, ripromettendomi di approfondire ancora questo tema, troppo spesso sottovalutato, e riprendendo quanto fatto dall’associazione francese dei preventisti – AprévU – proponendovi qualche fonte di ispirazione per chi cerchi di costruire un piano di evacuazione in caso di urgenza e capire quali siano i rischi legati a eventi catastrofici nei musei:
Una dettagliata guida del Getty (francese)
Una più sintetica ma efficace guida dell’ICCROM (francese)
Una bibliografia ampia sul tema, a cura dell’Istituto Nazionale del Patrimonio di Parigi